Quelle vite meravigliose

È arrivato.
Direttamente dalla stazione, come si confà a un libro ambientato su un treno.
Contiene una storia, fatta di tante storie. Storie di donne, storie di terre, storia di desideri e memoria.
Lo trovate in tante librerie del Salento (presto anche a Torino), e su tutti gli store online.
Di seguito un po’ di informazioni, buona lettura!

 

Quelle vite mervigliose. Storie di donne a Sud Est (Kurumuny Edizioni, 2021)

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Claroquesí. Cartoline dalla rivoluzione

Oggi esce Claroquesí . Cartoline dalla rivoluzione.
Lo pubblica Antonio Tombolini Editore, nella nascente collana Roads, guidata da Giulia De Gasperi, paziente, appassionata e professionalissima editor con cui tanto ne ho parlato, nelle nostre lunghe conversazioni oltre oceano – io a Torino, lei in una piccola isola a largo delle coste del Canada. Ci sono molto affezionata, per mille motivi: mi ha tenuto compagnia mentre prendeva corpo, nelle notti febbrili dopo il mio rientro dall’Isola, è diventato parole, e poi storie, e poi racconto prima nella mia mente, poi sulle pagine bianche di un foglio digitale, tra le dita che si muovevano sulla tastiera. Grazie ad alcuni amici, che oggi ringrazio (Antonio Cipriani e Valentina Montisci) è diventato un racconto d’estate di alcuni anni fa. E oggi, finalmente, è un libro, di cui sono orgogliosa, perché ha cambiato il modo con cui guardo il mondo, rendendolo ancora più umano, pieno dei dubbi che vivificano una vita e delle sorprese inaspettate che rendono il viaggio un’esperienza di cambiamento. Non so se qualcuno abbia mai detto che si scrive sempre perché qualcuno ci legga, prima o poi. Io – che normalmente scrivo per me stessa, come urgenza vivificante, e come modo di stare al mondo – penso che se non lo ha detto nessuno, qualcuno dovrebbe dirlo. Riprova ne è che il motore per la stesura di Claroquesí  è stato il pensiero che a leggerli sarebbe stata una persona speciale, che mi aveva spinto a sgranare gli occhi sul mondo che avrei visitato per la prima volta. Oggi a questa persona va un pensiero e un ringraziamento, pubblicamente e discretamente, come noi sabaudi amiamo fare.

***

Claroquesí è nato sette anni fa, dopo un viaggio dentro le mie convinzioni di giovane donna, militante e occidentale. È nato per il desiderio di mettere su carta i pensieri affiorati lungo la Carretera Central, dentro i negozi vuoti, i mercati razionati, il profumo di pane, la luce scarnificata delle città di notte ma anche dentro la musica allegra del ron, l’ospitalità degli sconosciuti, la condivisione del poco per tutti. Non un libro di viaggio, non un libro politico, non un romanzo, non una cronaca, ma tutte queste cose insieme. Per provare a intrecciare con la narrazione il possibile delle storie quotidiane e le zone d’ombra della Storia, nel limbo sospeso della fine del Periodo Especial. Un modo per raccontare disillusione, speranze e, soprattutto, un altro modo di stare al mondo.

Claroquesí è un grazie sincero, dedicato agli incontri piccoli e grandi che mi hanno restituito un presente più consapevole.

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Se qualcuno volesse acquistare “Claroquesí. Cartoline dalla rivoluzione“, potrà farlo sullo store di Antonio Tombolini Editore (in formato carta e ebook) oppure su amazon.it

Il libro che sarà

Non amo particolarmente guidare.
Amo farlo però lungo le strade assolate della bassa Puglia, lungo il tacco dello stivale, in quel nugolo di strade che si fanno posto tra campi e muretti a secco, sotto il cielo basso di nuvole piene e orizzonti ampi. Mi piaccono gli ulivi che si rincorrono a destra e a sinistra, le campagne che ritornano verdi e stampano contrasti sui cieli di pioggia, il profumo di mare che arriva a tratti insieme agli odori della macchia, e che anche d’inverno stupisce l’olfatto.
Mi piace guidare verso le case delle persone a cui voglio bene, in questa terra che mi ha accolta e che mi restituisce il senso della possibilità, una terra in cui sta crescendo un progetto lungo e bello, fatto di donne, per le donne, con le donne.
Per questo io, S. e la piccola unenne A. ce ne siamo andate in giro a incontrare le protagoniste delle storie che vorremmo raccontare. Donne che hanno visto secoli diversi avvicendarsi, donne che hanno speso una vita in cui dentro ci stanno mille vite, donne lavoratrici e donne madri, perse nei campi di tabacco e nelle fabbriche, nelle cucine in penombra delle masserie e nel dolore dell’emigrazione, donne che sono tornate perdendo qualcosa, donne che hanno riscoperto la libertà con pazienza, aspettando che prima ce l’avessero tutti gli altri, donne che sono rimaste, donne che sono. E così siamo state a Corsano, a sentire le storie delle tabacchine di Ginosa e di chi è emigrata in Svizzera perché qui non c’era futuro. Siamo state a Guagnano a sentire le voci simbolo delle 250 donne che nel 61 scioperarono per il lavoro e per una emancipazione fatta di identità ancor prima che di possibilità. Siamo state a Corigliano d’Otranto dentro gli occhi di Angela che di anni ne ha 91 e siede all’ombra della masseria di suo figlio, con gli occhi che ridono nel pensare al destino come futuro, prima e al posto di ogni scelta possibile. Siamo state da Ulla e dentro il suo tempo di donna immigrata, straniera per amore, salentina per adozione, che ha fatto di una terra la sua casa, portandoci famiglia e cuore, e provando a costruirci il resto.
E siamo state in treno, sulla Maglie-Gagliano del Capo lungo la ferrovia Sud-Est, a cercare nei sedili di pelle e nei finestrini appannati di pioggia e umidità il senso di un antico passare per le campagne, tra paesi e vite, tra case cantoniere e rotaie lente come le nuvole.
Bello questo libro che nasce dentro i legami delle persone, che si alimenta di reti e di amici, che si estende nel tempo dentro il tempo delle persone, coinvolgendole in una storia che tutte ci riguarda.

Io sto con Boris… anche in carcere

Metti una calda giornata d’agosto, metti un albanese, due napoletani, un siciliano, due calabresi e un marocchino, metti un laboratorio in una sezione di alta sicurezza in carcere, lancia una sfida letteraria… e goditi le parole sincere di un gruppo di persone sui generis che la vita ti ha messo lungo il cammino.
Boris ha trovato nuovi compagni di strada, lettori attenti e scrupolosi, con tanto di vocabolario in mano per meglio comprendere l’italiano, spesso imparato in carcere tramite le lettere scritte a mano.
Ci sono soddisfazioni grandi che partono da cose piccole, come quella di ricevere attestati di stima quando, dove e come non te lo aspetti.

Ripartire dagli ultimi significa sentirsi ultimi, e sentirsi ultimi aiuta a essere persone migliori, e aiutare gli altri ad esserlo.

 

Sentieri a Sud

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Ho un nuovo progetto. La sua gestazione è stata lunga, e si è nutrita di chiacchiere e sogni, incontri e letture, sguardi e profumi, mare, terra, ulivi, viaggio.

Il mese scorso, a giugno, abbiamo messo la prima pietra. La settimana scorsa, per la prima volta ne ho parlato a gente sconosciuta, uscendo allo scoperto.  L’occasione ce l’ha data  “Sentieri a Sud”.

Sentieri a Sud è il nome di una piccola rassegna di attraversamenti culturali tra antiche tradizioni e nuovi strumenti di narrazione e racconto. La organizza Kurumuny, la casa editrice salentina fondata dall’etnomusicologo Luigi Chiriatti, conficcata nel cuore della Grecìa, tra Martano, Calimera e Martignano. Il suo nome, Kurumuny, nasce proprio dal territorio. La sua etimologia ci porta infatti al nome che in griko si dà al germoglio dell’ulivo, un giovane ramo, come si legge nella presentazione dell’editore, “che affonda le radici nel territorio, sospesa fra sedimenti di antichità e orizzonti futuri”. Kurumuny è un pezzo di campagna, qualche ettaro di campagna fuori Martano, tra muretti a secco, vecchi frantoi, ulivi resistenti e terra rossa.

A Kurumuny ci arriviamo alla cieca, perché le indicazioni dicono di seguire fino alle ultime vie tracciate dal segnale, e poi chissà. Nel buio della campagna, qualche luce soffusa ci indica il passo. Sopra di noi, un strada piena di stelle, accompagnate dai grilli della notte, fa il resto.
Ci andiamo perché l’8 luglio si tiene il primo incontro previsto dalla rassegna. E Giovanni, che fa il direttore editoriale, a giugno, quando siamo andati a trovarlo nella sede di Martignano, ci ha detto che sarebbe stato bello vederci lì.
Con Giovanni abbiamo parlato del mio progetto nuovo, un libro sull’emancipazione delle donne del Salento, un libro bello che parli di storie che partono dal quotidiano, fatto di incontri e racconti, storie di ritorni e partenze, di progetti e speranze, di investimenti, di sfide e lotte. Un libro che è un viaggio lungo un alfabeto di stazioni che si chiamano come i comuni del territorio, un viaggio in treno lungo la ferrovia del Sud Est, lungo i binari unici che oggi risuonano di altri sentimenti forti e tremendi. La serata dell’8 è un inizio, un modo per immergersi in un territorio non scontato, un mondo conosciuto e amato in tanti ritorni da raccontare con occhi militanti.

Un progetto di rinascita da far partire in una terra che è naturalmente frontiera, approdo, interazione.

Sarà stato un caso, ma la presentazione del libro che dà ragione della serata, la “Favola agrodolce di riso fuori sede”, di Silvia Rizzello, diventa nei minuti che scorrono giusti l’occasione per un’altra narrazione: quella che scopre la terra di Puglia come crocevia di esperienze, con un primo fulcro nella Bari degli anni novanta, durante l’epico sbarco di 20.000 albanesi. Quella che narra storie di integrazioni feconde, come quella di Nabir Bey,  palestinese, voce e autore dei Radiodervish e corrispondente per dieci anni in Italia per Al Jazira. Quella che testimonia, insieme a Mauro Zacheo, la scommessa di un assessorato bellissimo, le Politiche per l’Accoglienza, del Comune di Martano.

Di solito le presentazioni sono noiose. Questa non lo è. E il primo regalo arriva dal pubblico, dalla voce di Maria Teresa che di anni ne ha molti di più dei miei, e li ha passati ad animare culturalmente l’italia ai tempi delle sezioni di partito, ai tempi dei cittadini partecipanti, ai tempi in cui il nostro paese non dormiva un sonno della ragione. Vincendo la mia timidezza inopportuna, cerco Maria Teresa dopo le parole animate, durante la cena conviviale offerta dalla comunità. Grazie a un negramaro generoso nei bicchieri, insieme, sotto le foglie, alla luce delle lampadine delle feste di paese, iniziamo a parlare di donne e politica, di cultura e impegno, di rinascita. Insieme, sulle panche di legno, si rinnova il miracolo dello scambio tra sconosciuti accorsi come noi nella sera d’estate che profuma di caldo per raccontarsi le vite. Il mio compagno è rapito dalla serata, Maria Teresa intreccia le sue mani nodose e il suo carattere caparbio con gli occhi buoni dell’orso barbuto venuto dal nord a conoscere altri suoni e altre vite.

Maria Teresa mi dà il suo numero. Vieni a trovarmi, mi dice. Abito nelle campagne intorno a Lecce, staremo insieme, pranzeremo e parleremo. So che lo faremo presto e ci accomiatiamo tra gli abbracci, sotto gli occhi benevoli di Gianluca, il figlio di Maria Teresa, di sua moglie, dei nostri amici, che sorridono all’incontro felice.

Eccolo, l’inizio del viaggio. Arriva quando meno te lo aspetti. Inizia e basta.

Dentro una terra, dentro le persone.

Sentieri a Sud. Nomen omen.

 

Boris o lo strano caso del maiale giallo

Boris

Prima è apparso sul treno Milano – Torino.
Poi sul Colophon.
E infine è diventato un libro, insieme ad altre cose.

Adesso potete comprarlo un po’ dove volete… e sapere come è andata davvero la storia del maiale giallo e altre vicende.

Se siete curiosi e non potete attendere la carta, che verrà, perché arriva sempre, cliccate qui e qui e qui … buona lettura.