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Un dì s’io non andrò sempre fuggendo

Pantelleria (2007 o giù di lì)

A guardarla dalle pendici di montagna grande, l’isola sembra in salita.
Davvero, c’è troppo mare all’orizzonte e la linea si incurva per trovare armonia.
Tutto è una sfida qui.
Perché tutto è incontro. Acqua e fuoco. Vento e Terra. E, in mezzo, la cocciutaggine fiera di chi si adatta e non si piega.

Ecco la risacca. E lampi in lontananza, a rompere il cielo, quasi a chiedere rispetto.
È il filo di questi giorni, l’incontro con l’Isola.
Ascoltare la sua voce. Cercare l’identità. Imparare a respirare con i suoi sussulti antichi eppure senza tempo. La ciclicità cui alludevamo, che ridona senso e spazio.

Perché i pensieri possono essere pensati.
Accettare il peso di domande.
Provare a trovare da soli il senso.
Accettare i tempi di chi è lontano e ha bisogno della sua dimensione per ritrovarsi, di intimi e intensi silenzi. Così dolorosi a volte da rispettare.
E senti lo strappo della lontananza, e il timore di perdere ancora.

Però rimetto assieme i pezzi. O almeno ci provo. Che di cose ne ho sparse molte, e a alcune le ho smarrite forse per sempre. Che ogni dolore si porta via qualcosa e quello che apprendi crescendo, rispetto a ieri, non è di più. È altro.
Ripartire dalla natura, in questi giorni, significa anche provare a fare spazio.